SINNER NEMICO PUBBLICO N.1
- Gabriele Sirtori
- 26 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Fantasmi e ombre di un tennista apolide.

Il Corriere della Sera ci dedica un articolo: “Vespa, nuovo attacco a Sinner”. Sommario: Dopo averlo criticato perché «tedesco» e per la residenza a Montecarlo, il giornalista Rai torna ad attaccare Jannik Sinner.
Dopo le micidiali smorzate di Alcaraz e i rovesci di Djokovic, Sinner ha un nuovo avversario: Bruno Vespa.
La domanda è spontanea: perché il principale giornalista politico italiano — solitamente allergico agli schieramenti — si scaglia con tanta veemenza contro un ragazzo che di mestiere gioca a tennis?
Tesi: Sinner è un problema politico.
Sinner rappresenta una nuova classe sociale: quella dei giovani professionisti di successo (perlopiù under 40) che hanno fatto della performance la loro vita.
Determinato, preciso, robotico. Tirato al massimo, magrissimo e potente. Sempre focalizzato. Disumano.
Unico obiettivo: vincere.
Sinner è un prodotto tipico della nostra epoca — l’epoca dei top performer. Gente pronta a dare tutto per il risultato. Il risultato è la misura unica del loro valore. E a culo tutto il resto.
In un individuo così focalizzato non c’è spazio per il patriottismo, l’amore per la cosa pubblica o la partecipazione civica. Solo la massimizzazione delle entrate e la minimizzazione delle uscite.
Sinner vive a Montecarlo (per minimizzare le uscite fiscali), dà buca al Presidente della Repubblica (per ottimizzare gli impegni tra tornei), e salta la Coppa Davis (per massimizzare il recupero “fisico e mentale”).
Tutto ciò che non serve al risultato — e per risultato si intende incassi e ranking, dunque incassi — viene scartato. Ignorato.
Di più, Sinner non si limita a essere un robot iperfocalizzato e strafottente: Sinner vince.
E vincendo, fa impazzire il sistema.
Il suo successo gli garantisce prime pagine, contratti pubblicitari, automobili belle, fidanzate bellissime. Sinner in questo Paese può avere tutto quello che vuole senza passare dai canali di potere italiani. Anzi: alla faccia dei canali di potere.
Dal punto di vista della politica nazionale, Sinner è un alieno: arriva, mangia gratis e non paga il conto.
Sinner lo ha dimostrato: è possibile vivere fuori dallo Stato.
È un apolide del capitalismo 3.0.
La circolazione globale di informazioni e capitali gli assicura guadagni da Wimbledon a Dubai, sponsor internazionali e pubblico planetario. Che legame può mai avere con il luogo in cui gli è capitato di nascere?
Sinner non è un’eccezione. Siamo in tanti.
Lavoriamo per multinazionali con sede fiscale in Olanda, fornitori cinesi, server americani e clienti sparsi tra Emirati e Giappone.
Apriamo un telefono - Made in China. Designed in California - e viviamo dentro app globali, scollegate da qualsiasi territorio.
Lo Stato, ci dice Sinner, è solo un fastidio amministrativo.
Un orpello burocratico.
Un’istituzione fiscale, non un orizzonte affettivo.
E qui nasce il problema politico.
Immaginate un’intera generazione come lui: che non vota, non paga le tasse, non sente appartenenza, e snobba il Capo dello Stato.
Qualche mese fa il Capo di Stato Maggiore Generale Masiello diceva: “Oggi solo un italiano su cinque sarebbe disposto a combattere per il proprio Paese.”
È la fine dei presupposti della nazione.
Perché la nazione funziona solo se condividiamo un progetto comune. Il presupposto è: questo interessa a tutti.
Sinner dice: non mi interessa.
“Io mi sono fatto e mi faccio da solo. Il mio talento paga i miei servizi. Non devo niente a nessuno.”
Il messaggio è chirurgico: se hai successo, dello Stato te ne puoi fregare.
Vespa — e con lui la classe politica — si trova di fronte a un mostro nuovo:
l’inutilità.
L’incapacità di controllo.
La delegittimazione.
Mai nessuno aveva snobbato così il Presidente della Repubblica.
E il punto è: i vincenti di oggi sono tutti così.
Prendiamone un altro, Pogacar (campione del ciclismo sloveno, ma fiscalmente anche lui monegasco).
“When I finish,” diceva in risposta alle accuse di volere vincere in ogni occasione togliendo visibilità agli altri corridori, “I will probably not speak to 99% of the peloton. I will focus on my close friends and family. I don’t care too much about what everybody else thinks.”
Traduzione: prima io, poi il mio cerchio stretto, poi — forse — il resto del mondo.
L’orizzonte è globale, l’identità è privata, il clan è l’unica comunità.
Il successo assolve da tutto.
È la morale del capitalismo maturo: “se vinci, hai ragione tu.”
Sinner, che vince, è un role model.
E se bastano due generazioni a pensarla come lui, lo Stato può serenamente alzare bandiera bianca.
I vincenti non ne hanno bisogno: fanno soldi a Londra, li spendono a Dubai, si curano a New York.
Il nazionalismo è l’oppio dei perdenti. Il tricolore, il vessillo degli sfigati.
A Vespa — che dello Stato e delle sue istituzioni ha fatto carriera e identità — Sinner fa paura.
Tanta paura.
Sinner, oggi, è un problema politico.



Commenti