top of page

L’età della grande disillusione.

  • Immagine del redattore: Gabriele Sirtori
    Gabriele Sirtori
  • 7 feb
  • Tempo di lettura: 5 min

“Non credere più a niente” mi sono salvato nelle note del cellulare.



Ho questo paradosso che mi gira per la testa: in tanti scommettono sugli incontri di Boxe, ma nessuno scommette sul Wrestling.


Personaggi come John Cena e Rey Mysterio ci hanno appassionati e hanno riempito di colori e gesti la nostra infanzia. Nessuno però - oggi - si sogna di credere a nemmeno uno di quegli schiaffi, tantomeno metterci dei soldi.


La boxe invece - invece - fatta di uomini duri, allenati dalla privazione e incalliti dalla vita, è combattuta da gente che i denti se li spacca per davvero. Da qui il suo fascino romantico e lo scandalo quando si scopre che un match potrebbe essere stato truccato (vedi Tyson vs Jake Paul)


In altre parole: con la boxe siamo nel mondo del Vero, nel wrestling in quello del Verosimile. “Si picchiano per finta, ma, chissà, potrebbe essere vero…”.


Per come siamo fatti - da bambini - ci viene difficile pensare che ci possa essere un così grande tifo e pubblico intorno a persone che fanno a finta di picchiarsi. La nostra impostazione è di dare sempre per vero quello che ci sta attorno. I genitori ci dicono “è tutto finto” e noi, testoline dure, annuiamo, ma sotto sotto non gli crediamo. Quei cazzotti sono così veri che potremmo averli dati noi.


Questa impostazione - di fiducia a priori - va scemando nel tempo, al crescere della disillusione, ma resta sempre con noi.


E così ci facciamo fregare.

Questo maglione che indosso, ad esempio, è made in Italy - recita il cartellino - ma da amici della industry so per certo che il tessuto è prodotto in Turchia e che il confezionamento è fatto - sì - in Italia, ma da un terzista condiviso con almeno altri 10 brand simili.


Tra uno scazzo e l’altro apro Instagram. La mia amica Cristina è la decima foto che pubblica dove mostra di divertirsi un casino ora che è sulla neve. “Life is perfect” scrive. Ma io che l’ho sentita 3 ore fa so che sta di merda da un mese.


Scorro alla foto dopo. Una pagina satirica pubblica un video di un immigrato che si lava in strada. “L’Italia è una favela” scrivono. Qualche giorno dopo scopro che faranno un accordo con Elon Musk per ricevere supporto al grido di You are the media now. You, for sure, ma con i soldi e le piattaforme di altri.


Cambio social e mi trovo un video dell’omicidio di JF Kennedy. Nel filmato sembra che a sparargli sia l’autista. “Il video è un deep fake” si legge nelle segnalazioni degli utenti. Vabbe’, penso, forse ci potevo arrivare .


Apro il sito del Corriere. L’esponente di estrema destra tedesca dice che Hitler era di sinistra, non come loro che sono di destra davvero.


Poco sotto: abbiamo liberato e rimpatriato un criminale internazionale. Era stato arrestato mentre si guardava la Juventus allo stadio (tribuna VIP pare) e l’abbiamo dovuto rilasciare per un “cavillo legale”. Più avanti si dirà che l’ordine di scarcerazione arrivava con l’avvallo del ministro dell’interno in persona. Parte un indagine. Un importante giornalista Rai, in prima serata sulla prima rete, tuona: “tutti i governi fanno e hanno dovuto fare delle cose poco pulite pur di difendere l’interesse nazionale” (video).


Ma quindi? A chi devo credere? Chi dice la verità?

Mi gira nella testa l’immagine di Rey Mysterio mascherato. Sta per tirare un calcio volante che lascerà John Cena a terra senza respiro. Come fa a essere tutto finto?


Mi vibra il cellulare. E’ mia sorella. “E’ uscita una nuova puntata di Corona su Fedez e Ferragni” mi dice.


Basta, penso. Basta stronzate.


Basta.


Basta.


Apro il blocco appunti del cellulare e scrivo “Da oggi non credo più a nulla”.


Sono parecchio amareggiato mentre lo scrivo, ma lo penso per davvero.


D’ora in poi il mio atteggiamento sarà lo scetticismo a priori, e non più la fiducia.


Sarà la mia strategia di sopravvivenza a questi tempi, scrivo: “L’era dell’intelligenza artificiale e della realtà sintetica.


ChatGPT (come tutti i Large Language Model in generale) è allenato con un sistema probabilistico: non cerca di dare la risposta giusta, ma la più verosimile in coerenza con il gigantesco corpus di scritti su cui è stato sviluppato.


Noi siamo strabiliati e ci stupiamo della sua bravura, ma l’intento della macchina non è la ricerca della risposta giusta, nè tantomeno la ricerca del vero. Ma è solo dare a noi - consumatori del servizio - la soddisfazione di una risposta altamente verosimile .


Che poi - nei fatti - il verosimile sia spesso coerente con il vero, non ci deve distogliere dal concetto di fondo: l’AI lavora per creare risposte sintetiche, che siano il più vicino possibile a una cosa che un umano potrebbe aver detto o fatto. Non cerca il giusto, né tantomeno il vero. Solo saziare un nostro bisogno dandoci un qualcosa che potremmo farci andare bene.


Lo stesso avviene quotidianamente nella sfera pubblica e dei consumi.


Lo ‘storytelling’ e il brand - mondo del quale chi scrive è un umile lavoratore - hanno preso il definitivo sopravvento sulla realtà vera delle persone e delle cose fisiche.

Nel nostro essere ‘consumatori’ comunichiamo la nostra personalità con la costellazione di prodotti che acquistiamo e consumiamo (tu vesti Patagonia e hai le Birkenstock, io indosso una felpa Off-White e fumo iQOS). Con i social l’educazione sull’esistenza e sul significato di queste scelte di consumo si diffonde e raggiunge tutti, a prescindere da età, area geografica o frequentazioni reali. Dalla signora 50enne del Michigan, fino a mia sorella, 20enne, di un paese minuscolo della Brianza. “Sembri un finance bro” - mi ha detto ieri. Stavo provando un piumino smanicato sopra una camicia.


Queste “aesthetics”, questi storytelling, questi branding sono però realtà sintetiche, talmente verosimili che si sono mangiati la realtà sotto e vivono di vita propria, a prescindere dall’esistenza o meno dei contesti reali da cui si sono originati.


Restano solo narrazioni verosimili, fatte di frammenti di immagini, persone, cose, luoghi.


La coerenza con cui i media di oggi (i grandi marchi, le pagine social, i canali youtube e - di riflesso e in ritardo - i media tradizionali) uniscono e costruiscono queste immagini sparse, risponde solo all’esigenza di tenere insieme un racconto (uno stotytelling) da spacciare come autentico: creare un messaggio, indossabile, sperimentabile, ma soprattutto visibile e acquistabile.


Non solo i grandi marchi. Anche le star, la politica e il potere tutto hanno seguito e seguono queste regole.


Per prima cosa si fa a tavolino un racconto fatto di parole chiave e di marketing personas e si prova a seguirlo fedelmente, recitando una parte, fingendo all’occorrenza, provando a restare coerenti con il brand e lo storytelling che queste *personas* si aspettano. Nel farlo, si evita lo scandalo e si cerca di essere pacati e non offendere nessuno. Non c’è nulla di peggio di una *bad reputation*.


IL MARKETING, IN QUESTO, HA ROVINATO IL MONDO

Nel mondo dell’uomo consumatore anche le idee si comprano, si indossano e poi si mettono via quando passano di moda. La verità stessa - in questo contesto - non ha davvero importanza. Non ha colori particolari e spesso è noiosa, ci mostra nella nostra miserabilità e svela i nostri caratteri più tetri e sporchi.


Nella grande casa degli specchi che abitiamo oggi, tutti hanno la possibilità di raccontare una realtà sintetica e verosimile di ciò che sono e ciò che fanno, edulcorata - nel migliore dei casi - o del tutto falsa e distante dalla realtà vera - per chi è più farabutto.


Tutti - nessuno escluso - lo stiamo facendo.


Apro Instagram. Mi capita un carosello di foto di una ragazza che conosco. E’ in costume al mare. “Dal vivo non è così figa” penso.


Aveva ragione mio padre. John Cena uno schiaffo vero non l’ha preso mai.


 
 
 
Post: Blog2 Post

(+39) 329 898 6416

  • Facebook
  • LinkedIn

©2020 by gabriele sirtori. Proudly created with Wix.com

bottom of page